Luoghi in cui domina il silenzio, quasi dei set cinematografici, case abbandonate e strade vuote. I paesi fantasma della Sardegna emanano un fascino particolare per via delle storie incredibili che le loro mura raccontano ancora. Tutto incanta: le epoche diverse in cui sono sorti, la loro fortuna nel corso del tempo e poi la parabola discendente, tra storia e leggenda, fino alla scomparsa delle attività e degli ultimi abitanti.
Questi borghi nel corso della loro storia sono stati in parte riscoperti e in alcuni casi rappresentano dei veri e propri laboratori di turismo esperienziale.
Conosci i paesi fantasma dell’isola?
Tra questi c’è Rebeccu, borgo che durante il medioevo era una cittadina florida che contava circa 400 abitanti. Capoluogo della curatoria di Costavalle e punto strategico al confine tra i giudicati d’Arborea e Torres, Rebeccu si trovò al centro del conflitto con i catalani. Nel 1353 un distaccamento catalano, giunto da Alghero, sterminò la popolazione e bruciò il villaggio per provocare la reazione del giudicato d’Arborea. La peste e le carestia forse fecero il resto.
Ma a questa storia si contrappone il mito. Uno dei racconti riguarda il re Beccu, feudatario del villaggio, e la figlia, la principessa Donoria, accusata di stregoneria e per questo allontanata dal villaggio mentre la sua casa veniva distrutta dal fuoco.
Andando via Donoria lanciò la sua maledizione: Rebeccu non avrebbe mai avuto più di trenta abitazioni. Leggenda vuole che i superstiti della maledizione fondarono Bonorva, posto a pochi km nella piana sottostante.
Tra i paesi fantasma dell’isola c’è anche Gairo vecchio, in Ogliastra, semidistrutto dall’ alluvione del 1951.
Pare che il suo nome sia di origine greca: “Gea” e “Reo”, ovvero terra che scorre.
Nomen omen si potrebbe dire! La sua storia infatti è legata all’instabilità del suolo su cui sorge che ebbe il suo esito drammatico proprio nell’ottobre del 1951.
Le cronache raccontano di cinque giorni di fortissime piogge e vento. Le vie si trasformarono in torrenti facendo ‘scivolare’ il terreno verso valle.
Per ragioni di sicurezza il borgo fu progressivamente abbandonato. Gli ultimi suoi abitanti lasciarono le case pochi anni dopo e le famiglie gairesi si divisero tra la ‘nuova’ Gairo, ossia l’attuale Gairo Sant’Elena, costruita varie decine di metri più a monte, Gairo Taquisara, un villaggio a pochi chilometri di distanza immerso nel verde, e una borgata molto più a valle che prese il nome di Cardedu, poi divenuto Comune autonomo, a pochi passi dalle splendide spiagge ogliastrine.
Ci sono poi alcuni villaggi, Santa Chiara e Taloro, sorti in epoche più recenti, alcuni per accogliere operai al lavoro per realizzare le dighe del Tirso, e del Taloro, e uno, il Villaggio Asproni, sorto per accogliere i minatori dell’Iglesiente.
Quest’ultimo, sorto nel 1870 ha avuto un periodo assai florido fino al 1936 circa, quando già la miniera era stata venduta dalla famiglia Asproni dopo la morte del capofamiglia. Oggi questo luogo ricco di storia sta vivendo una nuova storia grazie ad un’operazione di recupero i documentazione e lavori di restauro degli edifici e di tutto il complesso partiti nel 2020. Oggi è possibile visitare il villaggio prenotando la visita guidata ma non solo. Questo luogo ricco di fascino ha avviato anche un lavoro dedicato alle scuole del territorio per contribuire a far conoscere e valorizzare la storia economica e sociale di questi luoghi.
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In ultimo scopriamo Lollove, borgo a pochi chilometri da Nuoro che del suo rischio sparizione e spopolamento ha fatto la sua fortuna in tempi recenti grazie all’intraprendenza dei suoi ultimi abitanti.
Anche in questo caso c’è una maledizione a precedere la storia: furono le suore del monastero di Santa Maria Maddalena, scoperta la presunta relazione tra alcune suore e pastori del luogo, a lanciare un anatema: «Lollove as a esser che s’abba de su mare: no as a crescher nen parescher mai!» ovvero “Lollove, che tu sia come l’acqua del mare: non crescerai e non morirai mai!”. E qualcosa di vero c’è perché oggi questo borgo di origine medievale, considerato tra i più belli d’Italia, circondato da una natura incontaminata, non cresce ma nemmeno ha intenzione di soccombere allo scorrere del tempo. L’idea di riportarlo a nuova vita nasce nel 2019 con il progetto Lollovers – Your village experience, del giovane lollovese Simone Ciferni che, dopo gli studi all’estero ha deciso di tornare nel suo paese per farne una meta digital detox.
Un’esperienza autentica e sensoriale da vivere lontani dal quotidiano fatto di pc, smartphone e lavoro per immergersi in un clima di serenità e tranquillità.
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